mercoledì 23 maggio 2012



Le cose nella mia borsa

1) Astuccio. Il primo. Pieno di trucchi di prima necessità. Per mascherarsi meglio ovunque.
2) Astuccio secondo: creme per le mani, elastici, Amuchina, penne Bic.
3) Astuccio terzo: libretto universitario e volantini di mostre varie ed eventuali.
4) Astuccio quarto (ommiodddio solo ora mi rendo conto che ne sono trooooppi!): pieno delle cose che non sono nei precedenti 3 astucci.
5) Multicentrum. Vitamine chimiche per combattere la fiacca primaverile.
6) Portafoglio. Sì, è come una faccia. Che piange (è molto solo. Solo biglietti da visita e niente soldi).
7) Libro. Un meraviglioso regalo di una meravigliosa persona.
8) Lettore mp3.
9) Piantina della città, perché io non ricorderò mai dove si trova P.zza Artom.
10) Agenda. Con Mucha in copertina.
11) Quaderno minuscolo e di carta riciclata. Ci scrivo le regole della buona tecnica fotografica che poi non seguo mai.
12) Porta-assorbenti. Eh.
13) Occhiali da vista.
14) Un piccolo amore regalato da una persona speciale: Diana mini. Tutta bianca, tutta bella.
15) Biglietti. Del treno, del bus, della tramvia.

martedì 22 maggio 2012

Esistono ancora le mezze stagioni.

Di quei giorni che è una fatica estrema, 
non dico alzarsi, ma proprio svegliarsi.
Poi siamo a metà maggio e io ho 
il plaid addosso, quello rosso.
Quello che fa inverno.
Ma che è bello.
E caldo.
Tutto è ovattato, tutto non fa rumore.
Io sto in silenzio.
Penso che oggi no, oggi proprio non mi va.
Uscire, prendere il 20, capolinea, 30 minuti di buche.
Camminare. Correre. Ultimo piano. Ultima aula.
Professore che spiega male e che mi chiama sorcina.
No, oggi non ce la posso fare. 
Oggi non mi va.
Oggi colazione tutto il giorno.

lunedì 21 maggio 2012

Roma negli occhi di un assassino

Gli alberghi fanno perdere la propria identità, pensava.
Ma da se stessi non si fugge, mai.
Si può scappare dal mondo ma mai da se stessi.
Lui lo sapeva.
Lo sapeva che non poteva più fuggire.
Era finita lì, e la sua visita si sarebbe limitata a un muro bianco. A delle sbarre.
Roma era bellissima.



Roma era un cielo sul Colosseo con i palloncini
e lui avrebbe voluto essere quello rosso.
Gli piaceva il rosso. Gli piaceva il sangue.



Roma era un cielo, infinito come le sue rovine.
Gli piaceva pensare che le colonne volessero abbracciarlo tutto.
Gli piaceva l'infinito.
Per lui l'infinito era avere il potere sulla vita di un altro uomo.



Camminava. Trova quella casa.
Quel sole. Bruciava.
Bruciava solo la sua anima e le sue ferite.



Trevi. La Dolce Vita felliniana e la sua condizione amara.
E' un bel modo per morire.
E' un bel modo per cancellare le impronte.